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capitolo viii. | 245 |
temporibus illis, quando costumava moneta di metallo,
per amore della teoria della uguaglianza democratica,
tosò gli scudi traboccanti: ora però, che
correvano biglietti di banca, se ne stava come Adamo
sbandito su l’uscio del paradiso terrestre a struggersi
alla vista del frutto vietato, peritandosi di
andare a pigliarlo per propaginarlo nel proprio orto.
Al mio droghiere giurato non istate a contare dei
Tristi di Ovidio o dei Treni di Geremia, un conto
di ritorno vince per lui il lamento di ogni più pietoso
epicedio; come di rimpetto ad un conto di netto
ricavato, che butta il pro di un cinquanta per cento,
non gli rompano le scatole con le odi di Pindaro
e di Tirteo. Le cose del mondo non vanno, e non
andranno mai bene, finchè il padre eterno non
provvederà a che sieno tenute in regola a partita
doppia.
Oltre i droghieri fanno parte del Giurato alcuni medici, i quali appartenendo alla setta degli controstimolisti non disperano della salute della umanità, a patto che non si sopprima il salasso, e se Cesare Beccaria sostenne il contrario, egli è perchè non fu medico, nèchirurgo, e quindi nè manco potè essere legislatore compito e medico. Diavolo! Come volete rimediare allo stimolo, se renunciate al taglio della testa, che è il controstimolo?
E poi vengono gli ingegneri, i quali affermano la società difettare nei fondamenti; e per giunta i