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capitolo viii. | 241 |
altro nipote più amoroso di me possa dispensarsi
dalla terza rimessa al suo arbitrio: le due cose sono
il catarro e il medico che la cura; la terza sarebbe
lo speziale.
Giù il cappello, lettori, ch’entriamo nel tempio della giustizia.
E tuttavia, io lo dichiaro alla libera, qui dentro tu troverai tutto, tranne la giustizia. Ed invero, o come ce la potresti trovare, se gli uomini non sanno ne manco in che cosa consista? Taluno (credo san Tommaso d’Aquino) insegna: Giustizia essere tacito convenimento della natura in aiutorio di molti. Misericordia! La Sfinge si sarebbe fatto coscienza di proporre a Edipo d’indovinare enigma traditore come questo. Tale altro (credo sant’Agostino) dichiara: Giustizia è ferma e perpetuale volontà che da la sua ragione a ciascuno. Peggio che andar di notte senza lume: ragione che significa mai? E come si impara ella? E con quale regola la si spartisce? Ancora, la volontà disgiunta dall’atto è nebbia che lascia il tempo che trova, e tanto è il mal che non mi nuoce quanto il ben che non mi giova. Arrogi, la ferma e perpetuale volontà a cui spetta? Senza dubbio all’uomo, e se così, come puoi fidare che una norma commessa in balia dell’uomo possa rimanersi inalterabile e ferma? Non che altro le campane di bronzo per virtù del caldo o del