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capitolo vii. | 235 |
saperlo indovinava) e temerei di peggio se la presenza
vostra non mi assicurasse; appena sia libero....
oggi.... al più lungo domani avrò l’V onore di recarmi
al vostro ufficio per esporvi minutamente la
odiosa insidia ordita a mio danno da cotesto ribaldo,
contro cui fino da questo momento sporgo querela
di truffa e di violenza....
— Illustre signore, ella ha da sapere come noi altri questori, prima di tutto per debito di ufficio e poi anco per genio, battiamo il ferro quando è caldo: le tracce dei reati da un punto all’altro si volatizzano peggio dell’etere; non perdiamo tempo, venga subito, e voi altri accompagnatelo.
— Come! Confida la mia custodia ai commessi di questo Banco.... o piuttosto di questa spelonca....?
— Stia tranquillo, io la confido nelle mani di due guardie di sicurezza.
— Signor questore.... sono gentiluomo....
— Non dubiti, che le saranno usati i debitt riguardi: giù ci aspetta una carrozza; anch’io desidero che le cose si facciano per benino.
Omobono a cui coceva essere stato tratto in trappola come un novizio, e non aveva potuto ancora digerire gli scherni della contessa, tanto non si potè tenere, che sul partire queste parole non dicesse al conte:
— Signor conte, quando rivedrete la rispettabile vostra signora, vi prego farle accettare i miei sa-