Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capitolo vii. | 229 |
— Di desiderio jmò darsi; quanto a rimorso, io protesto solennemente, che quanto a me il peccato non si affacciò nemmeno nei dominii della tentazione.... mia bella donna.... eccovi l’orologio.
— Oh! a proposito — esclamò il conte quasi punto da emulazione — e i bolli ce l’ho a rimettere io?
— Eccovi il borsellino — disse Omobono frugandosi prestamente in tasca, e presolo in mano l’offerse al nobile conte, aggiungendo poi piacevolmente: — Conte Adamo, richiamo poi la vostra attenzione, che se la vostra amabile signora e voi non ponete termine a queste gare, io corro rischio di riduimi a casa col vestito di Adamo nostro padre comune, e vostro protettore speciale.
— Eppure alleggerirlo di qualche altro arnese non sarebbe male — osservò la donna rapace.
— Ça suffit! femme; il troppo stroppia; gli è un caro giovane, ed a me preme conservare con lui la buona amicizia.... ed ora si vous plait, beviamo un coup.
— Merci, — rispose Omobono — già si fa tardi, e dove non possa servirvi in altro vi leverei lo incomodo.
— A votre aise — disse il conte, e si atteggiò ad accompagnarlo. La donna proterva nel dargli licenza gli porse la mano favellando:
— Sans rancune, e a rivederci in migliori occasioni.