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226 | il secolo che muore |
— Sentite, al punto in cui siamo, vostro principale interesse è che i pagherò vengano puntualmente pagati: ora io non posso in modo diverso da quello che vi ho detto badate: a chi troppo tira, la corda si strappa.
— Je tiens, mon cher, a conservare la vostra amicizia, però brisons lù, e facciamo comò desiderate.
— Permettete adesso che vada pei pagherò — disse Omobono con aria da disgradarne san Luigi Gonzaga.
E l’altro con non meno semplicità:
— Oh! vi pare? Pigliarvi questo disturbo.
— Ebbene, andate voi.
— Neppure. Ecco qua i fogli poi pagherò.
— E i bolli? Altrimenti i biglietti non avrebbero valore.
— Abbiamo avvertito anche a questo: ecco i bolli.
— Va bene: incominciamo.
Omobono si tirò innanzi al tavolino: il conte gli pose sotto mano il necessario per iscrivere. Omobono, con mirabile disinvoltura intinse la penna nel calamaio, e il conte, con le lenti sul naso, gli si mise in piedi dietro la seggiola per vigilare quello che egli andava scrivendo. Omobono, come se dettasse a se medesimo, principiava:
— Milano, tre marzo milleottocentosessantasei. Buono per lire 10,000. A cinque giorni data pagherò.....