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capitolo vii. 217


pieno la faccia di cotesta donna, la quale per istrano accidente fin lì rimasta fuori della zona luminosa, non si svelò quale era. Di un tratto con terribile fracasso, pari a quello che don Alfonso fece alla porta della camera di donna Giulia1, uguale a quello che mossero e moveranno tutti i mariti, quando chiappano o fingono chiappare le mogli in flagranti (e qui, dicano quello che vogliono i grammatici, la parola in flagranti cade a pennello, perchè denota i ferri arroventati al più alto punto d’incandescenza) ed un coso rosso e scarduffato casca in mezzo della stanza, come bomba in fortezza nemica. Appena Omobono lo fissò in viso lo riconobbe per quel desso, in cui aveva dato dentro la sera precedente, sicchè di un lampo ei venne in chiaro come egli avesse avuto il puleggio, non già perchè costui si trovasse in casa, bensì all’opposto, perchè non ci si trovasse. La donna, dopo avere mandato il solito grido, era caduta nel solito svenimento resupina sul solito letto; la zimarra apertasi davanti lasciò vedere com’ella vestisse sotto la semplice camicia, donde diffondevasi, anco troppo, la così detta copia di gigli e di rose': alla rovescia di Anna Bolena, la quale prima di mettere il collo sul ceppo, attese con pudore mirabile ad invilupparsi bene le gambe nel lembo della veste, onde nella convul-

  1. Byron, Don Giovanni, c. I.