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216 il secolo che muore


— Oh! quanto a questo poi.....

La contessa sorrise alquanto e prosegui: — Tuttavia permettetemi, signore, che io vi accenni la importanza di questi fogli: questo è il testamento di mio padre, conte Daniele Casimiro Lubowmiski, aiutante di S. M. l’imperatore Niccolò; — e glie lo porse.

Omobono, a cui non premeva il testamento più di un bottone da camicia, attese alla mano e la rinvenne nobilesca aifatto, classica nei contorni, lun-. ghetta alquanto e nel mezzo del dorso quanto conviene carnosa; non vi eccedeva nodo, le vene un po’ troppo turchine, segno che non vi correva rapido, come un giorno, il sangue della gioventù: candida la pelle, ma raggrinzita in faccette romboidali, segno anche questo che i muscoli, dopo essere stati tesi al massimo grado, ora principiavano a rilassarsi. Tale diversità gli artefici industri rinvennero ab antiquo fra il marmo pario ed il pentelico: quello serrato in grani uniti e con superfìcie uniforme, rappresenta meglio la gioventù; questo, screziato in minutissime molecole la età che declina: prevalse il primo, e da quello gli eccellenti scultori ricavarono le più mirabili statue dell’antichità.

Certo la è una grande cosa la mano: tutti i poeti lo hanno detto in rima, ed ancora io lo dico in prosa; ma ad Omobono tardava contemplare in