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capitolo vii. | 209 |
tante, di forme egregie di corpo, velata così da
non lasciare conoscere la sua sembianza ne anco se
fosse stato di giorno, figuratevi se di notte! Costei
gli mette in mano un foglio e va via; e poichè egli,
come era naturale, pigliò subito a perseguitarla, ella
che se ne accorse, si volse a mezzo con la persona
e con tale un gesto, che parve preghiera, ma che
poteva ancora esser comando, gli intimò che cessasse
ed egli obbedì, quantunque il suo cervello cominciasse
a fermentare.
Riprese dunque il cammino di casa col passo consueto, deliberato di aprire il foglio in camera sua; ma la curiosità crescendo mano a mano che diminuiva la via, accelerava il passo, sempre fermo però di leggere il foglio a casa; però il vino di Opimio, che gli lavorava dentro non lo permise, sicchè il solletico della curiosità diventato insopportabile, egli ebbe ad accostarsi ad un muro, e quivi raccogliendo quanto più potè della luce di un lampione, spiegò la carta e si mise a leggere. Elegante tutto, inviluppo, carta, scrittura; il foglio dettato, già s’intende, in idioma francese esponeva: come qualmente una infelice femmina, di condizione contessa, di nazione lituana, vittima di un mostro (il mostro, va da sè, era il marito) che dopo essere stato da lei sposato ed arricchito con immense possessioni poste in Lituania, Posnania, e in altri siti (la Guascogna ai giorni nostri, mutato polo, andò li