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capitolo vi. | 201 |
scarpicci uno scorpione tutti ti battono le mani e
dicono: bravo! Mentre se tu avessi scarpicciato il
cavaliere Faina, a questa ora magistrati e sbirri ti
correrebbero dietro, come cani da caccia, per agguantarti
e conciarti pel dì delle feste. Pensava altresì
che se tu ammazzavi il Faina forse ti aspettava
la medesima pena che se tu avessi levato dal
mondo Cesare Beccaria. Su quale fondamento sputiamo
sentenze noi? E sentenze che importano fama,
vita e sostanze? Se giudichiamo pel danno che sente
la società dalla morte di un suo membro, ci hanno
casi nei quali il municipio avrebbe a instituire un
premio a cui li leva di mezzo, come fa con gli uccisori
del lupo; se invece pigliamo a norma della
sentenza la intenzione dell’agente, io davvero sarei
lieto di sapere in grazia di quali arnesi un uomo
mi apre il cuore e vi legge dentro. Questa nostra
società è una campana fessa; così non può andare.
I nostri gentiluomini tacquero, interrogati, risposero ambigui come quelli che andavano convinti davvero veruna gloria venire ad essi da cotesta avventura, e tuttavolta non potè rimanere occulta; troppe le persone che ci avevano preso parte. All’osso dalli addosso: il Faina bandirono da ogni casa, da ogni ritrovo; lo sfuggirono i buoni ed i tristi: i buoni per naturale repugnanza, che volentieri rendono manifesta quante volte lo possano