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196 | il secolo che muore |
una ventina di passi distanti fra loro; il primo con
una pace da mettere il ribrezzo della quartana addosso
al suo avversario, cavatosi il cappello, la
veste e il corpetto, ripiegò tutto per bene; il Faina
intirizzito non aveva balìa di moversi; solo ad ogni
tratto sbadigliava. Allora il Luridi gli si fece da
lato, e non senza durezza gli disse:
— Ed ora che gingilli? Sbrigati a buttare giù i panni e vieni a batterti.
— Io non mi batto.... non mi vo’ battere.... — borbottava fra i denti il Faina come invaso da improvviso furore. — Birboni!... traditori!... lo vedo bene che m’avete tratto alla mazza.... per invidia.... perchè non vi sentite, quanti siete capaci di legarmi le scarpe....
— Per Dio! sei ammattito Faina.... abbassa la voce.... Oh! che vergogna.... che vergogna!....
— Che credete, che io non abbia capito? Voi mi volete arraffare il giornale.... voi ci volete rimanere soli per beccarvi il mensuale delle spese segrete.... soli a godervi le mance del prefetto.... soli, i toccamano del ministro....
— Ma Faina.... via.... senti.... ormai ci siamo tutti per la pelle.... calmati.... piglia il fioretto in mano, dopo due botte o tre, confidati in me, io ti prometto di fare in modo di aggiustare il negozio.... Diavolo! o ch’egli ti abbia ad ammazzare alle prime quattro o sei stoccate!