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capitolo vi. | 195 |
mosso, pure ne scansarono qualche altro che parve
loro malo sopra gli altri sporgente: ancora si condussero
in certa stanza terrena per assicurarsi se
il cerusico si fosse ammannito per ogni evento, e
trovarono com’egli avesse disteso sopra una tavola
il sua armamentario, sarracchi, seghe, di più maniero
coltelli, pinzette e pistorini1 di varie dimensioni,
viti da comprimere, fila, fasce, cerotti, in un
catino apparecchiato il diaccio, in un rammo acqua
calda; insomma ogni cosa in punto da morire nelle
regole per le mani del cerusico, caso mai non avesse
stecchito il duellante sul colpo una botta diritta.
Lieta commedia presentava in cotesto momento il Faina, ora ritirando la gamba dostia od ora la sinistra, quasi avesse sotto i piedi carboni accesi; apriva e chiudeva a vicenda l’uno e l’altro occhio, con le mani annaspava, contorcevasi in atti convulsi, per modo tu lo avresti reputato colto dal male di san Vito.
I padrini di ciò non si accorsero, o, come credo, piuttosto non so no vollero accorgere, e molto gravemente si condussero sul campo: non tirava un alito; il muro della villa, volto ad occidente, rimaneva parato dal sole che allora spuntava, sicchè non ci era da far quistione sul giusto reparto di vento e di luce; Omobono ed il Faina furono posti
- ↑ Quegli arnesi che si chiamano bistourì si hanno a dire pistorini perchè prima inventati e fabbricati a Pistoia.