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capitolo vi. 185


parasse davanti un attaccagnolo, onde uscirne pel rotto della cuffia, e l’altro:

— La è chiara come l’acqua. scusi, chi provocò il primo? Chi toccava il cavaliere Faina? Chi gli badava? non dettò egli le ingiurie? non consentì egli che l’infame disegno nel suo giornale si pubblicasse?

— Questo non è provato, mentre lo schiaffo è chiaro e lampante; inoltre se le cose allegate costituiscano o no ingiuria vorrebbesi discutere e provare, mentre lo schiaffo è schiaffo in tutte le cinque parti del mondo.

— Eh! in coscienza non potrei dire diversamente, ma tanto è, la provocazione mosse dal cavaliere Faina, tutto al più potrei, sebbene a malincuore, convenire per la parte del mio primo esservi corso eccesso; ora voi, signor cavaliere Luridi, che siete versatissimo in questa maniera negozi, voi sapete come si proceda in simili casi; se ne rimette la scelta alla sorte.

— No davvero, qui non ci cade dubbio; la scelta dell’arme va de jure al mio primo.

— Cavaliere, pigliate un granchio.

— Marchese, prendete un marrone.

— Io insisto.

— Ed io non mi ricredo.

— Io pure — aggiunse facendo bordone il compagno del cavaliere Luridi.