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capitolo vi. | 179 |
Frattanto non trovando meglio a fare mandò giù un paio di ponci, e si mise a letto.
— Magari! — esclamò svegliandosi di soprassalto il cavaliere Faina, il quale sul far del giorno si era sognato come Omobono trito e contrito si fosse recato a casa sua per chiedergli scusa, e profferirgli generoso risarcimento dei danni: in sostanza se la fosse andata a finire così, avrebbe raggiunto lo scopo propostosi, allorquando aveva preso a sputizicchiarlo col giornale, con uno schiaffo di giunta, non previsto nel programma, ma si sa, le faccende non riescono a pelo, e i prudenti si contentano riceverle a taccio. Adesso vedremo se il fatto rispondesse alle fantasie del cavaliere Faina.
La prima visita fu, spuntato appena il giorno, degli interessati nel giornale il Gingillino, amicissimi suoi, i quali gli spiattellarono crudamente come essi non lo potrebbero più oltre tenere collaboratore nel giornale, dove egli non avesse vendicato lo insulto patito nella sera antecedente; certo, poco loro premevano le bazzecole di soddisfazione e di onore, e capivano che al Faina doveva importarne anche meno, ma tanto egli quanto gli amici suoi non potevano rimanere indifferenti alla certezza che, senza un giusto riparo il giornale sarebbe caduto in tal discredito da non poterne vendere da ora in poi ne manco una copia. Per queste ragioni fu deliberato che il Faina manderebbe un cartello di sfida ad Omo-