leggeri, pedanti e presuntuosi, e ciò per virtù degli
scapestrati giudizi che ti spippolano lì per lì a
occhio e croce, e per lo ufficio, che si pigliano di
fare da aguzzini agli uomini politici, e da amostanti
alle nazioni della terra: tuttavia non sarebbe
giusto affermare che tutti sieno tristi, e ciò perchè
taluni professano di buona fede i principii che sostengono,
ed in tali altri, essendo peranche giovani,
la natura non fu vinta dal costmne; quelli però
che si appellano umoristi, e fanno mestieri di buffoni,
tieni addirittura per maligni: i ghiottoni si
sono surrogati nella convivenza civile ai giullari
di corte, i quali campavano di rilievi e di calci;
siccome all’uomo che ride di Vittore Hugo avevano
foggiato, per via di terribili cincischi, la faccia a
perpetuo riso, così la nequizia deformò lo spirito
del giornalista buffone alla rabbia dello scherno.
O sia che costui privo d’amore e di sdegno contempli
senza commoversi tanto gli eccelsi quanto
i brutti fatti, o sia, che invaso da itterizia morale
tutto asti e derida, vuoisi reputare sempre sozzo
animale. Per me giudico i giornali umoristi addirittura
postriboli dovo bordollano le arti divine:
della miseria della scrittura non tocco nemmeno,
ma vi domando se vedeste mai della nobilissima
arte del disegno menare scempio più miserabile di
quello che si faccia in coteste carte? Poni per sicuro
che il popolo dove più cestisce cotesta mala