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160 | il secolo che muore |
Operaia, e mezze a quello degli Asili infantili a
nome del nostro Club come una debole offerta fatta
da tutti i gentiluomini che lo compongono, e non
se ne parli più. Miei signori, io mi sono accorto,
che voi parlavate per provarmi, e poi mi avreste
dato la baia; ho letto nei vostri cuori, e pongo
pegno avere letto bene. Quanto a lei cavaliere
Faina — soggiunse volgendosi al pubblicista — la
non si confonda, il modo praticato da me giova
meglio di un milione di giornali, che il popolo non
sa o non può leggere, a insinuargli il rispetto alle
persone ed alle sostanze nostre: chè egli più che
non si crede compensa con infinita gratitudine un
briciolo di bene ed anco di buon viso che noi gli
facciamo: d’altronde io, e se non m’inganno anch’ella,
signor cavaliere, appartenendo al popolo, è naturale
che nutriamo per lui simili sentimenti, e c’industriamo
persuaderli anche agli altri.
— Magnificenza di parole tonde! Ma sa ella, che se non modera l’abbrivo mi diventa di punto in bianco un san Crisostomo, aliter Bocca di oro? — esclamò il pubblicista Faina, allargando la bocca verso le orecchie: voleva ridere e parve lo avessero comunicato con una fetta di limone.
A cose nuove uomini nuovi predicano da mezzogiorno a tramontana, e i giornalisti sono novissimi, però mi raccomando spesso a Dio, che la più parte di loro non invecchi: per ordinario tu li sperimenti