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capitolo v. 159


me sto a rifornire il Club di mobili e di tappeti nuovi — interruppe il devoto di Como.1

— Ed io propongo sovvenire il capocomico dell’Arena, perchè dia al popolo un corso di recite gratis, a patto che le sieno scelte per educarlo nel rispetto della proprietà e di noi altri nobili — disse un cavaliere, spiantato, protettore della prima donna che recitava all’Arena.

— Tutta roba buona, signori miei, tutte pensate d’oro; certo non sarebbe alle vostre proposte che si potrebbe applicare il proverbio dei polli di mercato: tuttavolta, con vostra licenza.... se me lo permetteste, ecco che cosa farei. — Narsete, — chiamò Oniobono (che tale avea nome il custode del ridotto) e gli disse: — da questa somma, che io vi consegno, caverete lire cinquecento, e le verserete alla cassa di risparmio in testa della vostra bambina Lucia, perchè le servano come un principio di dote; domani me ne mostrerete il libretto. Delle rimanenti, mezze porterete all’ufficio della Società

  1. Como, nella religione precedente alla nostra, era il dio dei desinari. Se si fosse trattato della nostra santa religione cattolica apostolica romana, avrei creduto fare ingiuria al devoto lettore, se ricordando vin santo lo avessi avvertito delle sue giurisdizioni e prerogative, così nominato san Gaetano, non avrei detto, che egli era il padre della divina frovvidenza; san Niccola, protettore dei ladri; sant’Ivone, degli avvocati; san Pasquale Baylon, dei cuochi e via discorrendo; ma trattandosi di una religione smessa, non ho creduto far cosa inutile avvisando che intendeva parlare di un dio, non di una città.