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capitolo v. | 151 |
affezione di luogo natio: colà gli sarebbe riuscito più
destro incamminare i nipotini ormai adulti, il maggiore
avrebbe tolto seco, secondo la promessa, per
iniziarlo nella banca dove aveva a succedergli.
— Voi lo vedete — proseguiva costui — il patrimonio non basta a dotare le figliuole e a sopperire al comodo sostentamento dei figliuoli; certo voi con diligenza in molte cose li avete fatti educare, ma quello che importa adesso sta nello applicarli ad una professione speciale: consulteremo il genio di ognuno; intanto Omobono fin d’ora è banchiere. Capisco che un di erederanno il mio e basterà per tutti e ce neo potrà avanzare, anzi ce ne avanzerà di corto: però la fortuna muta, ed ancorchè non mutasse, prudenza insegna reggerci sopra le nostre gambe.
E continuava di questo tenore tanto, che a ridire tutte lo sue ragioni si sarebbe spento il lume.
Marcello nonostante la ipressa che il suocero gli metteva dintorno, chiese tempo a riflettere; nè ci fu verso di fargli mutare di proposito.
Però, egli è pur forza confessarlo, la raccomandazione iìn articulo mortis dello zio Orazio, di non confidare a verun patto mai i propri figliuoli ad Omobono, se non dileguata del tutto, certo erasi di molto infievolita nell’animo di Marcello. Gli avvertimenti paterni nello spirito dei figli rassomigliano assai alla voce lanciata dentro una grotta;