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capitolo v. | 149 |
meri infuori non legga altro) li voglia brucare a mo’ che le capre costumano le foglie di sulle sipi. Omobono, appena lo vide, gli disse:
— Fatevi in qua, Nassoli; sedetemi accanto; avete chiuso bene l’uscio? Sì, ma non tirato la portiera; andate a tirarla.
Dopo ciò incominciarono un colloquio a voce sommessa: pareva si confessassero; e, come sovente avviene, i confessori peccatori ambedue. Il Nassoli di tanto in tanto poneva il dito su i libri arcani a mo’ che l’anatomista fa col coltello sul cadavere che gli sta davanti; e per certo doveva credere il suo atto di cerusico, perchè, conchiudendo il colloquio, e levando alquanto la voce in suono di miserere, disse:
— Caro mio, il morto e sulla bara: senza rincalzi straordinari non si può reggere. non vede, che sia benedetto! credito mobiliare, transatlantico, banco sete, meridionali, rendita.... tutto fa acqua, e le trombe non bastano.
— Provvederemo — rispose Omobono, chiudendo i libri; tornate a dormire.
Ma non andò mica a dormire Omobono, il quale uscito di casa per mezzo di una porta segreta stette fuori fin verso le cinque del mattino. Dopo circa un mese la cassa del Banco si riempi di enorme quantità di biglietti di varie banche così italiane come estere, di che preso subito fumo il Nassoli,