Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capitolo iv. | 139 |
il padre ci aveva fatto mio sdrucio da non potersi
rammendare, ed egli tirava a rifinire il resto; lo appuntavano
viziato al gioco; di amori non se ne sapeva;
se ne aveva non erano di quelli che si potessero
decentemente manifestare, del rimanente
cavalcatore illustre, schermitore e tiratore a segno
dei buoni; non accadeva duello ch’egli, o come
paciere o come secondo, non c’incastrasse, e voila
tout!
Non ci era da scialare, ma via, per questi ragguagli Ludovico non aveva scapitato nel cuore di Eponina, sicchè quando incominciarono i billi, ella imprimendo sotto le palpebre abbassate un moto ondulatorio alle pupille, non lo perdeva un momento di vista: con palpito di cuore da non potersi dire avvertiva se dal giovane taluna o donna o donzella si preferisse; ma no, con suprema contentezza si accorse com’egli, verso tutto cortese, non dimostrasse parzialità di sorta; dalla movenza, dei labbri s’ingegnò indovinare lo parole proferite, attese acutamente alle mani ed alle dita di lui per vedere se mano o vita della compagna danzatrice premesse oltre la convenienza ed i costumi del ballo, ma di niente potè accorgersi. Di due cose l’una, o egli non amava, o la sua amata non si trovava lì; intorno alla seconda parte Eponina andava chiara, ma chi l’assicurava della prima? Non gli conoscevano amante, dunque poteva non avere amato, anzi era