Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capitolo iv. | 137 |
biscotto iutiiito nella cioccolata, e mettersi in bocca
il pennello intriso nella tinta a olio. Adesso ella
stava tentando una maniera nuova per lei, e difficilissima,
una tempesta marina. In coscienza, se ella
a cui la mostrava avesse domandato ex abrupto:
«indovinate quello ch’è» bisognava risponderle:
«per ora, se non sopraggiunge alle viste qualche
cosa di nuovo, sembra una forma di cacio parmigiano
messa a lessare dentro un lago di acqua
di broccoli.»
O dunque di che mai erasi invaghito il defunto (ben inteso mentre era in vita)? In primis la gioventù, che come il sole rallegra ogni cosa creata, rallegrò pure ai suoi tempi la marchesa Teresa, in oltre ella portò in casa assai dote, festosa fu e amorevole e lieta; o che pretendete di più da una moglie? E poi questo di più la marchesa lo possedeva, però che artista veramente fosse in certa arte nella quale tanto era singolare quanto se ne vantava meno, e consisteva nel creare confezioni e di ogni maniera pasticci; anzi taluni dei più intimi di casa andavano susurrando che nell’animo del marchese, buona memoria, questa qualità aveva sostituito tenacissimamente ogni altro vincolo matrimoniale, collo andare del tempo (si sa) o rilassato o sciolto; su di che non proferisco giudizio, pure affermando che se i pasticci della marchesa Teresa avessero potuto stamparsi e custodirsi nella Biblioteca Nazionale,