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132 | il secolo che muore |
donne, che avete intelletto di amore, potrebbe darsi
che guadagnando poco (che nulla io non lo voglio
dire) nella gloria, scapitaste moltissimo nell’affeziono.
E per disgrazia capitarono sotto gli occhi di Eponina i libri della donna, che, se la fama narra il vero, quantunque sposa altrui, tolse, invereconda, il nome dell’amante; nè paga del commesso errore, voltò le forze dello ingegno a giustificarlo, anzi a voltare la colpa in merito. Lelia, Valentina e Indiana (qualunque possa giudicarsi il merito letterario di cotesto opere) vincono in infamia di assai i libri più osceni, imperciocchè questi infiammino i sensi, mentre quelli corrompono l’anima.
E nonostante questo, e forse appunto per questo, aggirata Eponina nel turbine delle impressioni e dogli esercizi continui, giunta al diciannovesimo anno non aveva por anco sentito verun trasporto d’amore; per ora amava sè; ma venne il tempo, che non può mancare, nel quale dell’arpa e del piano forte non vide che legni, sciapiti le parvero i suoni, fastidi, nonchè altro, la propria voce; come tratta fuori di sè guardava sovente il cielo, quasi aspettando la ispirazione dall’alto, ovvero tendeva l’orecchio per raccogliere un suono indistinto e lontano; le si gonfiava il seno con frequenti sospiri, ed anco in altro modo più sensibile le si gonfiava; negli occhi un balenio, negli orecchi un sibilo. Allora vogliosa di solitudine volgeva il passo verso il camposanto