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130 | il secolo che muore |
sua presenza sopra la fronte della creatura umana.
Porse non uscì mai dalle mani del creatore arnese
come Eponina, adattato a sentire ed a rendere le
più sottili vibrazioni del dolore e del piacere; vera
arpa eolia esposta agli aliti della natura. Ella copiosa
nel dire leggiadramente arguto, ella inesausta nelle
fantasie, ma soprattutto portentosa nel suono e nel
canto. La sua voce si sviluppava come una larga
onda ch’empiesse ogni cosa d’intorno d’inusitata
contentezza; quando poi si rompeva in miriadi di
note, al pari dell’acqua della cascata, la quale balzando
di roccia in roccia si sbrizza in innumerevoli
stille giocondate dai colori dell’iride, allora uno
spolverio di luce, un acuto diletico, un tintinno
inebriante investiva i sensi degli ascoltanti, i quali
sentivano consumarsi o pure non avrebbero a verun
patto consentito che cessasse cotesto voluttuoso
tormento, nel modo stesso che Clizia infortunata
quanto più si disfà più s’innamora del Sole.
Queste già orano doti più che bastanti per assicuraro alla nostra fanciulla la vita piena di affanni, € tuttavia ella ne possedeva altre parecchie e non meno gravi: troppo superiore a quanti la circondavano, non lo poteva celare a se stessa nè ad altrui; a che giova mostrarci in atti ed in parole modesti, quando il fatto manifesta ad ogni momento la tua preponderanza? Ragionando, mercè la grazia del dire e la potente dialettica, riduceva al silenzio