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116 il secolo che muore


chiede talvolta perdono e piange: il principe non chiede perdono, nè piange mai: vero è bene che la riparazione del popolo, se mai arrivi, arriva tardi: non importa, che tu prima di chiudere gli occhi al giorno la prevedi, e nel presagio di quella consoli l’anima afflitta. La coscienza aprendoti la nebbia del futuro ti fa manifesto come i semi di sapienza e di amore sparsi da te frutteranno più tardi, ma inevitabilmente por la umanità, la quale, per tardare che faccia la stagione di mettere dentro la falce, non perde la messe.

Tu sai, figliuolo mio, come io non abbia mai fatto piangere alcuno, e tuttavolta pochi uomini furono così pertinacemente e così universalmente perseguitati quanto me; però pochi lo sanno, e poco comparisce al di fuori, e ciò perchè quando io rilevava qualche batacchiata delle grosse, me la succiava senza gridare: «Ohi!» e me la faceva medicare la mattina avanti giorno, come il Garibaldi costumò a Roma per la ferita riportata nelle costole durante l’assedio. Gli uomini sono naturalmente nemici di chi li supera in senno, e due volte tanto quelli che li vincono in virtù, e così non dovrebbe essere, imperciocchè ogni uomo possa, dove voglia, fare onorato procaccio di virtù, mentre ad acquistarsi ingegno la volontà sola non basti. Questo odio, io lo ripeto, per me credo che venga da natura, dacchè Tuomo troppo riccamente dotato di