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sione del guadagno gli leva il lume dagli occhi: gli è fatto così.

— Capisco, ma egli è fatto male.

Però i nostri coniugi la mattina si levarono innanzi l’alba per blandire l’animo esacerbato di Omobono; invano, dche costui se l’era già svignata, senza pure lasciare un saluto. Il servo narrò com’egli non rifinisse maledire e pranzo e brindisi et reliqua, mugliava, come se lo travagliasse il mal di denti, di non so quanto denaro perduto, ed aggiungeva che avendo egli sceso le scale in fretta fino all’uscio, di un tratto sì fece a risalirle a due scalini per volta: al servo, per seguitarlo in furia, erasi spento il lume, col quale, riacceso, essendo entrato in camera trovò il signore Omobono in ginocchioni sotto il letto, che cercava a tasto le sue ciabatte, e rivenutele, in un attimo aperse la sacca da viaggio, ce le ripinse dentro, e poi fuggì via come se mille diavoli lo avessero cacciato,

— Che vuoi, Marcello mio, egli è fatto così.

— Capisco, Isabella mia; ma bisogna confessare che egli è fatto male, e di molto.

Attesero lo zio Orazio, oltre l’usato un buon quarto d’ora, sperando vederlo comparire da un punto all’altro per pigliare parte alla colazione; non comparendo, chiamarono il suo cameriere per sen-