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capitolo iii. | 109 |
nelle orecchie: «la buona madre di famiglia è corona
di gloria sul capo del marito: e tu sei tale,
figlia mia; ti raccomando Marcello; egli non sa sopportare
a lungo i colpi della sventura, massime se
troppo spessi o troppo violenti.»
A Marcello, che lo accompagnò secondo il consueto, prese nel licenziarlo ambe le mani, disse:
— Marcello, io ti avrei a parlare lungamente, ma stasera non me no sento la voglia; sarà per un’altra volta: questo mi stringe a imprimerti bene nell’anima che per verun caso mai tu ti risolva a confidare alcuno dei tuoi figliuoli al suocero.... io so che tu perderesti il figliuolo e col figliuolo te stesso.
Omobono, contro il presagio, tornò presto a casa con una faccia da disgradarne Longino quando diede la lanciata a Cristo: ad Isabella, che gli chiese se alcuna cosa desiderasse, rispose alla trista:
— Nulla; un lume: maledetti i pranzi di famiglia; al diavolo i brindisi: sono arrivato tardi, e il ministro avea strinto il negozio con un altro banchiere. Ecco qui un centocinquantamila lire almeno di perduto.... un pranzo centocinquantamila lire, per Dio, costa caro; maledetto.... e strappato più che preso dalle mani d’Isabella il candeliere, si ridusse alla camera chiudendone l’uscio strepitosamente.
— Che vuoi? — favellò Isabella, considerando il suo marito sgomento pel contegno paterno — la pas-