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98 il secolo che muore


un Attila, che si rammenta, cento Jenner annegarono nell’oblio. Gli nomini sono così fatti, che chiudono nella loro memoria, come dentro un ciborio, i nomi di coloro che li straziarono; chi li benificò pigliano in uggia, ed a ragione; perchè i primi somministrino materia di esercizio all’odio, ch’è dote naturale alla nostra stirpe, mentre i secondi ci obbligano alla gratitudine, cosa del tutto contraria alla nostra natura. E poi, o che cosa è questo lusso orgoglioso nell’uomo di voler superare l’altro uomo? Questa superbia di vivere anco dopo morto? Questa fisima di rompere la testa, anco sepolto, al genere umano? Tutti tacciono nella fossa, e ci stanno tranquilli: chi ha dato a quattro o a sei il diritto di far chiasso anche nel camposanto? A me sembra questa una sconvenienza grandissima; chi leva la testa fuori del suo sepolcro non si deve lamentare se altri ci dà dentro co’ piedi. E qual pro, ditemi per vita vostra, in questo diluvio di libri in prosa e in rima? O che importa sapere a me che il Petrarca amasse una donna maritata? E che cosa che ella morisse? Per me avrebbe operato il signor Canonico da galantuomo a starsi chiotto come un olio. Vorrei altresì sapere quanti ragnateli gli uomini cavarono dal buco con la Divina Commedia o con la Gerusalemme Liberata? All’opposto non rifinirei lodare taluni trovati della scienza, ma ad un patto, che non ne potessero approfittare tutti, però che a