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prima tornata, che fu a’ 7 di giugno, Giovampietro del Muto, il quale solo rimaneva in vita de’ primi istitutori dell’Accademia, lesse questo sonetto.

Ozio, d’onore e di virtù nemico,
        Che lusingando dolcemente uccidi,
        Vattene lungi omai dai nostri lidi,
        Che sconfitte al tuo regno oggi predico.
Tu, sol del vizio e d’ignoranza amico,
        Nei petti giovenili ognor t’annidi,
        E di virtude i più bei fior recidi;
        Chè tal fu sempre il tuo costume antico.
Vanne; ch’altri diletti, altri piaceri
        Saggia turba prepara ai cari pegni,
        De’ tuoi più dolci e più de’ tuoi sinceri.
Vuol che onesti sollievi, e di lor degni,
        S’uniscan con gli studi più severi,
        Non a sopir ma a risvegliar gl’ingegni.

§ 4. Ma dopo il 24 settembre del 1784 l’Accademia tacque. Riprese l’ozio i suoi diritti? Io credo piuttosto che più gravi questioni occupassero gli animi in que’ giorni. La riforma Leopoldina, ch’era entrata per tutto, aveva trovato nel vescovo Ricci un irrequieto campione in quella parte che toccava la disciplina ecclesiastica. Delle vicende a cui andarono soggette le due diocesi da lui governate è piena la storia toscana di quel tempo. Poi le cose di Francia, e la Signoria straniera, e le guerre Napoleoniche, distrassero le menti da studi anche troppo pacifici: e quando nel 1808 si tentò di risvegliare gl’Infecondi, fu vana opera. Risorgevano nel 1816, e con nuove Costituzioni; le quali approvate dal Principe con rescritto del 27 marzo 1818, dividevano l’Accademia in due Sezioni. L’una si disse Ordinaria, e si occupava de’ divertimenti; l’altra Letteraria, con le sue «antiche prerogative, pratiche e discipline». La protezione dell’Accademia fu offerta al Sovrano; e primo Viceprotettore, nominato da lui, fu il marchese Niccolò Viviani, governatore di Pisa. Gli successe Giovacchino Carradori,