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Seguita una Brevis nota eorum que petuntur pro parte domini Regis, che erano sei cose; e riprende poi l’Istruzione con esporre tutto quello che dall’altra parte il Re prometteva al Pontefice.

§ 7. L’altra commissione fu data al Torelli dai Signori il 30 maggio 1414, con Agnolo Pandolfini, dopo che nei Consigli del Comune prevalse l’opinione di venire a un accordo col re Ladislao. Ricevuta l’istruzione, che porta la data del dì primo giugno, gli oratori si portarono al campo del Re, e a’ 26 avevano bell’e spacciata la loro commissione. Messer Torello si sottoscrisse primo, dopo il Re, nell’instrumento della pace e nel rapporto fatto alla Signoria. Il che prova non vero quello che nella Vita del Pandolfini scrive Vespasiano da Bisticci, che cioè il Torelli doveva soltanto rogare l’atto della pace, lasciando ad Agnolo il trattarne col Re. Ma di questo, e della gravità che ebbe allora quel trattato, ho largamente discorso nel primo volume delle Commissioni di Rinaldo degli Attizzi1; dove notai come lo stesso Vespasiano chiamasse il nostro Pratese un «solennissimo dottore».

§ 8. Fu messer Torello squittinato con messer Bonaccorso per l’ufficio del priorato nel 1411, e ascritto parimente col fratello alla matricola dell’Arte della Lana nel 1415. S’ammogliò con Bonda di messer Ruberto di Piero Aldobrandini; la quale dovette essere seconda moglie, se sposata da lui nel 1416; dacchè almeno cinque figliuoli ebbe, e una fanciulla gli era morta fino dal 1400, e di tre maschi parla il testamento ch’egli fece il 30 luglio 1417, cioè il giorno che precedè la sua morte. Due particelle di quest’atto di ultima volontà, che fu rogato da Iacopo di Lando dei Landi da Prato, si trovano in una pergamena del

  1. Pag. 119, 237, 239, 249. Vedi Ammirato, Istorie, libro XVIII, pag. 971; il quale a pag. 959 manderebbe a Napoli Agnolo Pandollìni e Torello da Prato oratori al re Ladislao nel 1410: ma i documenti non confermano la narrazione dello storico.