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cembre del 1487: finchè troviamo nel 92 i nuovi Capitoli delle Ville, «facti pe’ prudenti huomini Sancti di Michele di Sancti da Tobiana, e Filippo di Nanni di Piero da Fighine, tutti a due del contado di Prato, per vigore di auctorità a loro concessa per l’uficio di sei Sindichi di decto Contado di Prato, sotto dì 28 del presente mese di dicembre 1492, di licentia (come dissono) dello spectabile uficio de’ Signori Cinque della città contado et distrecto di Firenze, sopra et circa la nuova riforma del decto Contado di Prato et degli ufici di decto Contado». Dal quale Proemio si rileva, che i Sei del contado avevano una propria residenza e un proprio Notaro. Si ha nel 1503 una Riforma, dalla quale vediamo che il Contado pagava: all’ufficio de’ Signori Cinque del Contado in Firenze, lire 90 per tassa; al Comune di Prato, lire 690; alla Cappella della Cintola in Pieve, lire 40; alle monache di San Giorgio, «per lemosina perchè in casa loro sta la cassa delle borse de ’loro uficii», staia tre di grano. I sei Sindachi del Contado ricevevano lire 48 all’anno, in tutti; e i dodici Consiglieri, lire 24. Il Notaro e Cancelliere riscoteva il salario di 24 lire, più lire 8 per fogli e cera. Questi medesimi Capitoli sono confermati nella Riforma del 25 novembre 1508. Si rinnovano due Capitoli nel 1512 (29 di febbraio 1511 ab incarnatione), «atteso che questo presente anno el contado di Prato si trova in uno grande sterminio e chalamità che mai si trovasse, maxime pel danno ricevuto della perdita delle vite per la maggior parte, et intera del vino dell’anno passato». Ed è a notarsi, che le Ville erano ridotte a 42; e che «nelle dete Ville pochi se ne truova atti» agli uffici «per non sapere leggere nè scrivere». E per suggello a tanti mali, nell’estate di quello stesso anno 1512 avveniva il Sacco della terra di Prato, celebre nelle istorie nostre; ond’è a pensare quello che il Contado ne patisse dalla ferocia e avarizia delle masnade Spagnole.