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vengano, recare carne prima che terza alla becheria, nè quella tagliare sanza parola de’ nostri Rettori. Chi contro acciò facesse, paghi per ciaseuna volta, et per ciascuna bestia, soldi dieci.

42. Quando alcuno bechaio passassi di questa vita.

Quando aleuno della detta arte passassi di questa vita, debiano i nostri Rettori ordinare quegli huomini della nostra arte che lo portino alla sepoltura; et quelli ad chui fia imposto che lo portino, et nollo volessi portare, paghi per ogni volta soldi cinque: et se advenisse che per altrui fussi portato, no l’avendo i suoi congiunti voluto che quegli della arte l’abiano portato; vogliamo che se di lui rimane padre o fratello carnale o figliuolo, che fussino tenuti a questa arte, paghi all’arte per pena di questo, lire cinque; e li rettori siano tenuti di richiederli di questo. Et se i predetti padre figliuoli o fratelli non fussino della nostra arte, et per alcuno tempo volessono venire all’arte, non siano ricevuti al nostro Brieve, se prima non pagano le dette lire cinque.

43. Come i Rettori debano cerchare ogni dì una volta.

Anchora siano tenuti i nostri Rettori di cerchare ogni dì una volta, il meno, di quelle cose che parlano i detti ordini, le quali sono di necessità et di buona usanza d’observare; a pena di soldi cinque. Ancora debiano i Rettori che fieno per lo tempo fare observare agli uomini della nostra arte tutti gli ordinamenti che sono scritti in questo Brieve, alla pena di soldi dieci per ciaschuno Rettore; essere ritenute le dette pene, nelle quali i detti Rettori incorressono, del loro salario, per lo Camarlingo della arte.

44. Che veruno dell’arte tagli carne in dì di festa comandata.

Anchora ordiniamo et vogliamo et fermiamo, che veruno bechaio, o altri per lui, in veruno modo o vero per alcuna cagione, ardischa o vero presumma nè possa et non debia tagliare o fare tagliare carne in dì di festa comandata dalla Santa Chiesa, in piazza o vero fuori di piazza, sanza la licentia de’ nostri Rettori; et massimamente le infrascritte feste. Alla pena che debbia pagare al Camarlingo dell’arte, chi contro facesse, per ogni volta, soldi venti di danari. Le quali feste sono queste.