Pagina:Guasti - Sigilli pratesi.djvu/34


— 26 —


quantità della moneta ch’egli adomandava indebitamente. Et se alcuno negasse il debito che dovesse dare, et poscia fussi provato quello cotale che negasse, sia costretto a pagare al creditore quello che fussi provato; e gli Rettori il condannino che paghi all’arte altrettanta moneta.

37. Che veruno non comperi bestia segniata d’altrui segnio.

Anchora vogliamo, che veruno di questa arte non comperi veruna bestia segniata d’altrui segnale; alla pena, per ciascuna bestia, di soldi dieci: et che veruno non tenga o vero riceva alcuno fante che stia con altrui, se non ha compiuto il termine con colui con chui egli era prima posto: a pena per ciaschuna volta, chi contraffarà, di soldi venti.

38. Come veruno non venda carne se non ne’ luoghi usati.

Anchora non possa nè debia veruno bechaio vendere carne se non ne’ luoghi usati o vero in quelli che gli fussono allogati per li Rettori nostri; a pena, per ciaschuna volta, di lire cinque.

39. Come veruno non tenga cavichiato che nôi il compagnio.

Anchora vogliamo, che veruno tavernaio non tenga nè tenere debia veruno cavichiato o vero schavillino1 che impedischa o dia noia al compagno; alla pena per ciaschuna volta, chi contro farà, di soldi quaranta.

40. Che non si tenga giunta a sua pancha.

Anchora vogliamo, che non sia lecito a veruno della nostra arte di tenere alcuna giunta con alcuna pancha; alla pena, per quante volte vi gli fusse trovata, di soldi venti.

41. Che veruno tagli la state le vigilie, sanza la parola de’ Rettori.

Ordiniamo, che veruno tavernaio non possa et non debbia in veruno modo, giugno o luglio o agosto, il sabato o vigilie comandate che
  1. Arnese a modo di capra, sparso di cavicchi, ai quali stava appesa la carne. Francese, cheville.