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31. Di quelle carni che si possono tenere a un’ora alla pancha.

Anchora vogliamo che veruno bechaio tenga a sua taverna se non solamente d’una fatta carni, se non solamente carni di cavretto maschi et femmine, et agnegli maschi et femmine, et vitelli maschi et femmine; et chi farà contro a ciò, paghi per lo bue et per lo porcho soldi venti, et per ciaschuna bestia minuta soldi dieci, et per l’agnello o becherello soldi cinque: et che veruno non tagli a schachi carne di pecora, o vero che quella carne così tagliata tenga a sua pancha; a pena, per ciaschuna bestia, soldi cinque.

32. Come veruno non rechi a sua pancha carne inferma.

Non sia veruno bechaio che rechi o faccia recare a sua pancha o vero venda o faccia vendere alcuna bestia inferma di villana infermità, quando s’uccide; a pena per ogni volta, chi contro farà, di soldi venti.

33. Come veruno non tenga bestie dì forestieri.

Anchora non sia veruno di questa arte, che tenga bestie d’alcuno forestieri, oltre che otto dì per volta; a pena, per quante volte le tenesse, di soldi cento.

34. Di coloro che troverranno altrui bestie.

Anchora vogliamo, che qualunque troverrà tra le sue bestie alcuna bestia non sua, debia quella rapresentare ai Rettori infra il terzo dì; a pena, per ciascuna volta, di soldi venti.

35. Come veruno non porti carne a chasa altrui.

Anchora, non sia veruno di questa arte il quale ardischa in veruno modo di portare carne a chasa d’alcuna persona a cui l’arà venduta; alla pena, per ciascuna volta, di soldi cinque.

36. Che veruno non adomandi debito pagato, et che vereuno non nieghi.

Qualunche bechaio domanderà debito pagato a veruno di questa arte, sia punito per li Rettori che gli faccino pagare all’arte quella