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11. Che veruno venda carne morticina1 nè tenga lume.

Anchora, che veruno bechaio, o altra persona per lui, rechi o faccia recare alla taverna carne furtiva o morticina o inferma d’alcuna infermitade. Chi contro a ciò facessi, paghi per ciaschuna volta, per nome di pena, soldi venti di danari. Anchora, che veruno bechaio non possa nè debia tenere alla taverna da sera, per vendere carne, lume niuno. Chi farà contro a ciò, paghi per ogni volta soldi dieci di danari.

12. Che niuno sia impedito quando compra alcuna cosa.

Et se alcuno di questa arte fussi per comperare alcuna cosa che s’apartenessi alla detta arte, non sia veruno che lo impedischa, et quella non debbia adomandare infino a tanto che l’altro non è partito da merchato; a pena per ciaschuna volta, chi contraffarà, di soldi xx.

13. Che veruno non faccia mala compagnia a veruno.

Anchora, chi farà mala compagnia o rea ideranza2, paghi per ciaschuna volta al nostro Camarlingo soldi venti di danari. Anchora, qualunque persona di questa arte non observassi gli Statuti et gli ordinamenti di questa arte, che sono scripti nel Brieve, paghi per ciaschuna volta soldi cinque.

14. Come i Rettori sieno tenuti risquotere tutte le scripture che all’arte s’apartengono, et dielle al Camarlingo.

Se advenisse che i Rettori, tutti acti et carte che all’arte s’apartengono, sì fatti come quelli che si faranno, non faranno venire alle mani del Camarlingo dell’arte infra un mese di poi l’entrata del loro uficio, e spetialmente le carte de’ discepoli dell’arte; paghi ciaschuno Rettore, per pena, soldi dieci: et se coloro che tengono i detti discepoli non ubidissono in questa parte i nostri Rettori, cioè di quello che imporranno loro, paghi ciascuno soldi dieci.
  1. Bestia morta di suo male.
  2. Così il manoscritto, che non è troppo corretto. La parola è storpiata, ma il senso pare di concorrenza, come oggi si direbbe.