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2. Dell’uficio del Camarlingo.
Anchora ordiniamo et fermiamo, che la nostra arte abbia un buono et leale huomo, lo quale sia nostro Camarlingo; al quale debia pervenire alle mani tutta la pecunia et ragioni et scripture che s’apartengono alla nostra arte; lo quale Camarlingo debbia scrivere tutta l’entrata che li perverrà alle mani, et simigliante tutta l’uscita, cioè spese ch’elli farà in servigio dell’arte. Et sia tenuto il detto Camarlingo di rendere ragione del suo uficio tutte le volte che piacerà a’ nostri Rettori e Consiglieri dell’arte: et si debia eleggere il detto Camarlingo per gli uomini dell’arte, per quello tempo et con quello salario che parrà loro che si convenga, o vero soldi dieci.
3. Come veruno non faccia la detta arte, se prima non giura a questo Brieve.
Anchora, perchè nell’arte nostra sia unità et concordia, ordiniamo et fermiamo che veruna persona ardischa in veruno modo fare questa arte, se prima non ha giurato a questo Brieve come gli altri bechai. Chi contro a ciò facessi, paghi per pena al Camarlingo nostro soldi quaranta di danari.
4. Di quello che paghi all’arte qualunque giurerà a questo Brieve.
Anchora abiàno ordinato et fermato, che qualunque persona vorrà fare questa arte, debbia giurare a questo Brieve come gli altri bechai, et dare et pagare al Camarlingo dell’arte, per entrata, lire cinque di danari.
5. Come ciaschuno sia tenuto d’ubidire i Rettori.
Ordiniamo et fermiamo, che qualunque dell’arte non observerà et ubidirà i comandamenti de’ nostri Rettori, o vero d’alcuno di loro, o vero che gli fussi comandato per messo da loro parte, sia messo d’arte come altro messo1; per ciaschuna volta che non ubidisse, paghi per pena al Camarlingo nostro soldi cinque di danari.
6. Chi non volessi acceptare l’uficio d’essere Rettore.
- ↑ Il Cod. direbbe: sia messo d’arte comesso d’arte come altro messo.