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regola di grammatica; ivi, senz’aver mai saputo fare un verso (ciò che in que’ tempi era un torto gravissimo), passai per uno de’ migliori scolari». Fatta la geometria dal canonico Sacchi e la filosofia dal Ciardini, andò nel 1815 all’università di Pisa, «Comproprietario (sono sue parole) di due accreditate farmacie, vissuto fino da bambino in una di esse; avendo assistito ad alcune sperienze del Carradori in storia naturale, specialmente sulle testuggini; avendo fatto alla peggio un corso di chimica sotto il dottor Sacchi; il mio interesse mi voleva medico». Ma studiò legge, e a’ 7 di giugno 1819 prese il grado di dottore. Negli anni dello pratiche in Firenze contrasse amicizia con vari giovani coetanei, noti sin d’allora al foro e alle lettere (ricorderò il Salvagnoli, fra gli altri); e al dotto giureconsulto Vincenzio Giannini, poi presidente del Consiglio di Stato, si legò d’un affetto che aveva qualcosa della riverenza. Ebbe titolo di avvocato, ma non so che ne imprendesse mai l’esercizio.

Fino da quel tempo lo trovo inteso a promuovere in patria un’arte che i miei cittadini non avevano punto coltivata avanti al secolo decorso; dico la stampa, che il vescovo Ricci introdusse in Prato per meglio diffondere le sue novità: e l’episcopio fu la prima stamperia pratese. Brutte edizioni di libri facilmente dimenticati uscirono in que’ dieci anni; e il nome del Vestri con quello del Bracali di Pistoia fu allora spesso ripetuto o tartassato nell’effemeridi e nelle polemiche: poi non lo conobbero che i merciai di storie e di lunari. Un po’ dopo al Vestri rizzò torchi il Vannini; ma senz’ombra di gusto, nè scelta d’opere, nè correzione, produsse innumerabili dozzine di que’ libri che i fanciulli consumano provvidamente. Solo la ristampa del Malmantile, le prime trecento Iscrizioni del Muzzi e qualche opuscolo del Silvestri rammenteranno que’ torchi a’ nostri nepoti. Ma declinando il quarto lustro del secolo, Vincenzio Giachetti, chirurgo uscito dalla scuola del Nannoni, avviò pe’ figliuoli una tipografia, che coll’opere insigni del Winckelmann, del D’Agincourt e del Cicognara si rese tosto benemerita degli studi dell’arte,