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sapere; non le lasciò: ma esse nel giro di pochi mesi lasciarono lui, povero padre; che in quegli stessi giorni, nella sua propria casa, accoglieva l’ultimo respiro dell’Arcangeli. E due lustri sopravvisse all’Ebe e all’Ada; nei quali la loro nemoria per ogni guisa onorando, cercò sfogo più che sollievo al dolore. Può dunque a ragione affermarsi, che non lasciasse le figliuole mai: e il giorno decimoquinto del passato dicembre, colto repentinamente, ma non impreparato, dalla morte, le andò a ritrovare con la madre nella vita immortale.
Il pensiero nel mesto decennio si rivolse anche al paese nativo: e, senz’aspettare l’ultim’ora, donò ai cittadini quello che oramai gli restava di più caro, la scelta e copiosa librería1. «Mio principale studio (è un suo ricordo) è stata sempro la Biografia; par il che, avendo comprato quelle stampate, compatibilmente co’ miei mezzi pecuniarii, non son mai rimasto dall’aggiungervi, dall’annotarvi, dal correggervi; oltrechè ho riuniti già tre grossi volumi (questo scriveva venti anni addietro) di Biografia antica e moderna, ricopiando, estraendo e compilando tutto quanto faceva al mio scopo». Questi, con gli altri suoi manoscritti e la corrispondenza epistolare, saranno conservati nella Roncioniana, di cui il Benini fu bibliotecario d’onore.
Così alla città di Prato, in meno di due anni, son mancati quattro cittadini degnissimi di memoria. Il Silvestri, latinista de’ primi, per mezzo secolo educatore o maestro, che potè sicuramente chiamarsi L’amico della studiosa gioventù: il Muzzi, dotto filologo, e nella volgare epigrafia primo: monsignor Baldanzi, che nella illustrazione de’ monumenti d’arte seppe congiungere all’erudizione il vivo senso dal bello2: da ultimo l’avvocato Benini, che se fu, più degli altri, uomo di
- ↑ Reco in fine la lettera che contiene la donazione.
- ↑ Monsignor Ferdinando Baldanzi fu iscritto dal Vicusseux fra i Cooperatori dell’Archivio Storico Italiano. (Ved. Appendice all’A. S. I., tomo V, pag. 343) Era nato il 15 d’agosto 1789. Col Benini, suo amicissimo fino dalla prima gioventù, partecipò l’amore delle cose patrie, e ne diede splendide testimonianze con gli scritti. Eletto vescovo di Volterra del 1851, fu traslatato nel 1855 all’arcivescovado di Siena, dove morì nel marzo dell’anno decorso.