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Per lei di nembi il ciel s’oscura indarno

e di grandine s’arma,
ché la sua povertá nulla paventa:
nuda si, ma contenta.
Sola una dolce e d’ogn’affanno sgombra
cura le sta nel core:
pasce le verdi erbette
la greggia a lei commessa, ed ella pasce
de’ suo’ begli occhi il pastorello amante,
non qual le destináro
o gli uomini o le stelle,
ma qual le diede Amore.
E tra l’ombrose piante
d’un favorito lor mirteto adorno,
vagheggiata, il vagheggia; né per lui
sente foco d’amor che non gli scopra;
ned ella scopre ardor ch’egli non senta:
nuda si, ma contenta.
Oh vera vita, che non sa che sia
morire innanzi morte !
Potess’io pur cangiar teco mia sorte!
Ma vedi lá Corisca. Il ciel ti guardi,
dolcissima Corisca.
Corisca. Chi mi chiama?
Oh, piú degli occhi miei, piú de la vita
a me cara Amarilli, e dove vai
cosi soletta?
Amarilli. In nessun altro loco,
se non dove mi trovi e dove meglio
capitar non potea, poi che te trovo.
Corisca. Tu trovi chi da te non parte mai,
Amarilli mia dolce, e di te stava
pur or pensando e fra mio cor dicea:
— S’io son l’anima sua, come può ella
star senza me si lungamente? — e, ’n questo,
tu mi se’ sopraggiunta, anima mia.
Ma tu non ami piú la tua Corisca.