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Mirtillo, anzi pur Tantalo novello,

ché nel gioco d’Aruor chi fa da scherzo,
tormenta da dovero. Troppo care
ti costar le tue gioie; e del tuo furto
e il piacer e ’1 gastigo insieme avesti.
Ma s’accorse ella mai di questo inganno?
Mirtillo. Ciò non so dirti, Ergasto.
So ben ch’ella, in que’ giorni
Ch’Elide fu de la sua vista degno,
mi fu sempre cortese
di quel soave ed amoroso sguardo.
Ma il mio crudo destino
la ’nvolò si repente,
che me ne avvidi appena; ond’io, lasciando
quanto giá di piú caro aver solea,
tratto da la virtú di quel bel guardo,
qui, dove il padre mio
dopo tant’anni ancor, come t’è noto,
serba l’antico suo povero albergo,
men venni, e vidi, ah misero! giá corso
a sempiterno occaso
quell’amoroso mio giorno sereno,
che cominciò da si beata aurora.
Al mio primo apparir, súbito sdegno
lampeggiò nel bel viso;
poi chinò gli occhi e girò il piede altrove.
— Misero ! — allor i’ dissi —
questi son ben de la mia morte i segni. —
Avea sentita acerbamente intanto
la non prevista e súbita partita
il mio tenero padre,
e, dal dolore oppresso,
ne cadde infermo, assai vicino a morte;
ond’io costretto fui
di ritornar a le paterne case.
Fu il mio ritorno, ahi lasso!