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e sperar negli dèi,

quanto piú ciò conviene
a chi da lor deriva!
Son pure i nostri figli
propagini celesti :
non spegnerá il suo seme
chi fa crescer l’altrui.
Andiam, Titiro, andiamo
unitamente al tempio e sacreremo,
tu il capro a Pane ed io
ad Ercole il torello.
Chi feconda l’armento,
feconderá ben anche
colui che co’n l’armento
feconda i sacri altari.
Tu va’, fido Dameta:
scegli tosto un torello,
di quanti n’abbia la feconda mandra
il piú morbido e bello;
e per la via del monte, assai piú breve,
fa ch’io l’abbia nel tempio, ov’io t’attendo.
Titiro. E da la greggia mia, caro Dameta,
conduci un irco.
Dameta. 1’ farò l’uno e l’altro.
Titiro. Questo sogno. Montano,
piaccia a l’alta bontá de’ sommi dèi
che fortunato sia quanto tu speri.
So ben io, so ben io
quant’esser può del tuo perduto figlio
la rimembranza a te felice augurio.