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per ingannar le semplici fanciulle.

La fede in cor di donna, se pur fede
in donna alcuna, ch’io noi so, si trova,
non è bontá, non è virtú, ma dura
necessitá d’Amor, misera legge
di fallita beltá, ch’un sol gradisce,
perché gradita esser non può da molti.
Bella donna e gentil, sollecitata
da numeroso stuol di degni amanti,
se d’un solo c contenta e gli altri sprezza,
o non è donna o, s’è pur donna, è sciocca.
Che vai beltá non vista? o, se pur vista,
non vagheggiata? e, se pur vagheggiata,
vagheggiata da un solo? E quanto sono
piú frequenti gli amanti e di piú pregi,
tanto ella d’esser gloriosa e rara
pegno nel mondo ha piú sicuro e certo.
La gloria e lo splendor di bella donna
è l’aver molti amanti. Cosi fanno
ne le cittadi ancor le donne accorte,
e ’l fan piú le piú belle e le piú grandi.
Rifiutare un amante, appresso loro,
è peccato e sciocchezza, e quel, ch’un solo
far non può, molti fanno: altri a servire,
altri a donare, altri ad altr’uso è buono;
e spesso avvien che, noi sapendo, l’uno
scaccia la gelosia che l’altro diede,
o la risveglia in tal che pria non l’ebbe.
Cosi ne le cittá vivon le donne
amorose e gentili, ov’io col senno
e con l’esempio giá di donna grande
l’arte di ben amar, fanciulla, appresi.
— Corisca — mi dicea — si vuole appunto
far degli amanti quel che delle vesti:
molti averne, un goderne, e cangiar spesso,
ché ’l lungo conversar genera noia,