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CORISCA. (Quanto è lieto costui!)

Erg asto. Selve beate,
se sospirando in flebili susurri
al nostro lamentar vi lamentaste,
gioite anco al gioire, e tante lingue
sciogliete quante frondi
scherzano al suon di queste
piene del gioir nostro aure ridenti.
Cantate le venture e le dolcezze
de’ duo beati amanti.
CORISCA. (Egli per certo
parla di Silvio e di Dorinda. Insomma,
viver bisogna. Tosto
il fonte de le lagrime si secca;
ma il fiume de la gioia abbonda sempre.
De la morta Amarilli,
ecco, piu non si parla; e sol s’ha cura
di goder con chi gode. Ed è ben fatto.
Pur troppo è pien di guai la vita umana.)
Ove si va si consolato, Ergasto?
a nozze forse?
Ergasto. E tu l’hai detto a punto.
Inteso hai tu l’avventurosa sorte
de’ duo felici amanti? udisti mai
caso maggior, Corisca?
CORISCA. I’I’ho da Lineo
con molto mio piacer pur ora udito,
e quel dolor ho mitigato in parte,
che per la morte d’Amarilli i’ sento.
Ergasto. Morta Amarilli? e come? e di qual caso
parli tu ora, o pensi tu ch’io parli?
Co RISC A. Di Dorinda e di Silvio.
Ergasto. Che Dorinda? che Silvio?
Nulla dunque sai tu! La gioia mia
nasce da piu stupenda
e piú alta e piú nobile radice.