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e con pena minor che tu non credi.
Chi t’ ha spinto qui dentro,
è ben anco di trartene possente.
Ristorerò con l’uso de la caccia
quel danno, che per l’uso
de la caccia patisco.
D’un’erba or mi sovviene,
eh’è molto nota a la silvestre capra
quand’ha lo strai nel saettato fianco,
(essa a noi la mostrò, natura a lei),
né gran fatto è lontana. — Indi partissi ;
e, nel colle vicin subitamente
coltone un fascio, a noi sen venne; e quivi
trattone succo, e misto
con seme di verbena e la radice
giuntavi del centauro, un molle empiastro
ne feo sopra la piaga.
Oh mirabil virtú! cessa il dolore
subitamente e si ristagna il sangue;
e ’l ferro, indi a non molto,
senza fatica o pena
la man seguendo, ubbidiente n’esce.
Tornò il vigor ne la donzella, come
se non avesse mai piaga sofferta.
La qual però mortale
veramente non fu, però che, ’matto
quinci l’alvo lasciando e quindi Tossa,
nel muscoloso fianco
era sol penetrata.
Corisca. Gran virtú d’erba e via maggior ventura
di donzella mi narri.
Linco. Quel che tra lor sia succeduto poi,
si può piú tosto imaginar che dire.
Certo è sana Dorinda, ed or si regge
si ben sul fianco, che di lui servirsi