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Carino. Ciò che t’ha detto è vero.
Tirenio. E chi se’ tu che parli?
Carino. Io son Carino,
padre fin qui di quel garzon creduto.
Tirenio. Sarebbe questo mai quel tuo bambino
che ti rapi il diluvio ?
Montano. Ah! tu l’hai detto,
Tirenio.
Tirenio. E tu per questo
ti chiami padre misero, Montano?
Oh cecitá de le terrene menti!
In qual profonda notte,
in qual fosca caligine d’errore
son le nostr’alme immerse,
quando tu non le illustri, o sommo Sole!
A che del saper vostro
insuperbite, o miseri mortali?
Questa parte di noi, che ’ntende e vede,
non è nostra virtú, ma vien dal cielo;
esso la dá come a lui piace, e toglie.
O Montano, di mente assai piú cieco
che non son io di vista,
qual prestigio, qual dèmone t’abbaglia
si, che, s’egli è pur vero
che quel nobil garzon sia di te nato,
non ti lasci veder ch’oggi se’ pure
il piú felice padre,
il piú caro agli dèi di quanti al mondo
generasser mai figli?
Ecco l’alto segreto
che m’ascondeva il fato!
Ecco il giorno felice,
con tanto nostro sangue
e tante nostre lagrime aspettato!
Ecco il beato fin de’ nostri affanni !