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di spavento e d’orror, che son nel tempio,

non pativano indugio,
tanto piú gravi a noi quanto piú nuovi,
e piú mai non sentiti
dal di che minacciár l’ira celeste,
vendicatrice dei traditi amori
del sacerdote Aminta,
sola cagion d’ogni miseria nostra.
Suda sangue la dea, trema la terra,
e la caverna sacra
mugge tutta e risuona
d’insoliti ululati e di funesti
gemiti, e fiato si putente spira,
che da l’immonde fauci
piú grave non cred’io l’esali Averno.
Giá con l’ordine sacro,
per condur la tua figlia a cruda morte,
il sacerdote s’inviava, quando,
vedendola Mirtillo (oh, che stupendo
caso udrai!), s’offerse
di dar con la sua morte a lei la vita,
gridando ad alta voce:
— Sciogliete quelle mani! (ah, lacci indegni!)
ed invece di lei, eh’esser dovea
vittima di Diana,
me traete agli altari,
vittima d’Amarilli. —
Titiro. Oh di fedele amante
e di cor generoso atto cortese!
Messo. Or odi maraviglia.
Quella, che fu pur dianzi
si da la tèma del morire oppressa,
fatta allor di repente
a le parole di Mirtillo invitta,
con intrepido cor cosi rispose:
— Pensi dunque, Mirtillo,