Pagina:Guarini, Battista – Il Pastor fido e il Compendio della poesia tragicomica, 1914 – BEIC 1841856.djvu/180

Titiro. Viver non vuole? E qual follia l’induce

a sprezzar si la vita?
Messo. L’altrui morte.
E, se tu non la smovi,
ha cosi fisso il suo pensiero in questo,
che spende ogn’altro invan preghi e parole.
Titiro. Or che si tarda? Andiamo.
Messo. Fermati, ché le porte
del tempio ancor son chiuse.
Non sai tu che toccar la sacra soglia,
se non a piè sacerdotal, non lice
fin che non esca del sacrario adorna
la destinata vittima agli altari?
Titiro. E s’ella desse intanto
al fiero suo proponimento effetto?
Messo. . Non può, eh’è custodita.
Titiro. In questo mezzo dunque
narrami il tutto, e senza velo ornai
fa’ che ’l vero n’intenda.
Messo. Giunta dinanzi al sacerdote (ahi, vista
piena d’orror!) la tua dolente figlia,
che trasse, non dirò dai circostanti,
ma, per mia fé, da le colonne ancora
del tempio stesso e da le dure pietre,
che senso aver parean, lagrime amare;
fu quasi in un sol punto
accusata, convinta e condennata.
Titiro. Misera figlia! E perché tanta fretta?
Messo. Perché de la difesa eran gli indici
troppo maggiori; e certa
sua ninfa, ch’ella in testimon recava
de l’innocenza sua,
né quivi era presente, né fu mai
chi trovar la sapesse.
I fieri segni intanto
e gli accidenti mostruosi e pieni