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mente devota a gran fatica sale.

Non incolpar le stelle,
ché noi soli a noi stessi
fabbri siam pur de le miserie nostre.
Amarilli. Giá nel ciel non accuso
altro che ’l mio destino empio e crudele;
ma, piú del mio destino,
chi m’ha ingannata accuso.
Nicandro. Dunque te sol, che t’ingannasti, accusa.
Amarilli. M’ingannai si, ma ne l’inganno altrui.
Nicandro. Non si fa inganno a cui l’inganno è caro.
Amarilli. Dunque m’hai tu per impudica tanto?
Nicandro. Ciò non so dirti: a l’opra pure il chiedi.
Amarilli. Spesso del cor segno fallace è l’opra.
Nicandro. Pur l’opra solo, e non il cor, si vede.
Amarilli. Con gli occhi de la mente il cor si vede.
Nicandro. Ma ciechi son, se non gli scorge il senso.
Amarilli. Se ragion noi governa, ingiusto è il senso.
Nicandro. E ingiusta è la ragion, se dubbio è il fatto.
Amarilli. Comunque sia, so ben che ’l core ho giusto.
Nicandro. E chi ti trasse, altri che tu, ne l’antro?
Amarilli. La mia semplicitade e ’l creder troppo.
Nicandro. Dunque a l’amante l’onestá credesti?
Amarilli. A l’amica infedel, non a l’amante.
Nicandro. A qual amica? a l’amorosa voglia?
Amarilli. A la suora d’Ormin, che m’ha tradita.
Nicandro. Oh dolce con l’amante esser tradita!
Amarilli. Mirtillo entrò, che noi sepp’io, ne l’antro.
Nicandro. Come dunque v’entrasti? ed a qual fine?
Amarilli. Basta che per Mirtillo io non v’entrai.
Nicandro. Convinta sei, s’altra cagion non rechi.
Amarilli. Chiedasi a lui de l’innocenza mia.
Nicandro. A lui che fu cagion de la tua colpa?
Amarilli. Ella, che mi tradi, fede ne faccia.
Nicandro. E qual fede può far chi non ha fede?
Amarilli. Io giurerò nel nome di Diana.