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tese l’arco possente,

e nel medesmo punto
restò piagato ove confina il collo
con l’ómero sinistro il fier cinghiale,
il qual subito cadde. l’respirai,
vedendo Silvio mio fuor di periglio.
O fortunata fèra,
degna d’uscir di vita
per quella man che ’nvola
si dolcemente il cor dai petti umani!
Linco. Ma che sará di quella fèra uccisa?
Dorinda. Noi so, perché men venni,
per non esser veduta, innanzi a tutti;
ma crederò che porteranno in breve,
secondo il voto del mio Silvio, il teschio
solennemente al tempio.
Linco. E tu non vuoi uscir di questi panni?
Dorinda. Si voglio; ma Lupino
ebbe la veste mia con l’altro arnese,
e disse d’aspettarmi
con essi al fonte, e non ve l’ho trovato.
Caro Linco, se m’ami,
va’ tu per queste selve
di lui cercando, ché non può giá molto
esser lontano. Poserò frattanto
lá in quel cespuglio; il vedi? Ivi t’attendo;
ch’io son da la stanchezza
vinta e dal sonno, e ritornar non voglio
con queste spoglie a casa.
Linco. Io vo. Tu non partire
di lá fin ch’io non torni.