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come ostinata fèra,

come insensato scoglio,
rigido e pertinace!
Non è la maggior peste
né ’l piú fero e mortifero veleno
a un’anima amorosa, de la fede.
Infelice quel core
che si lascia ingannar da questa vana
fantasima d’errore e de’ piú cari
amorosi diletti
turbatrice importuna!
Dimmi, povero amante:
con cotesta tua folle
virtú de la costanza,
che cosa ami in colei che ti disprezza?
Ami tu la bellezza,
che non è tua? la gioia che non hai?
la pietá che sospiri?
la mercé che non speri?
Altro non ami alfin, se dritto miri,
che ’1 tuo mal, che ’l tuo duol, che la tua morte.
E se’ si forsennato,
ch’amar vuoi sempre, e non esser amato?
Deh! risorgi, Mirtillo;
riconosci te stesso.
Forse ti mancheran gli amori? forse
non troverai chi ti gradisca e pregi?
Mirtillo. M’è piú dolce il penar per Amarilli,
che il gioir di mill’altre;
e se gioir di lei
mi vieta il mio destino, oggi si moia
per me pure ogni gioia.
Viver io fortunato
per altra donna mai, per altro amore?
né, volendo, il potrei,
né, potendo, il vorrei.