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del passeggiero, e l’obbliga a rimanere estatico. — Il monte che appartiene alla catena dei Subapennini si divide in due quasi ad arte, per dare il passo al fiume Sentino che nel mezzo vi scorre. Superbe si ergono le opposte balze che mostrano le cime di folta verdura. Il masso è uniforme di carbonato calcare, tinto a striscie dalle acque che vi grondano, o pei licheni che lo colorano, o per altri principii minerali. — In certi punti è tagliato perpendicolarmente dalla cima al fondo, in altri osservansi cavità ronchiose, enormi prominenze. Il fiume serpeggiando lambe la falda e qualche volta sembra, in causa dei suoi giri bizzarri, che tra gli scogli si perda. Le ombre grandiose prolungate dagli elevati culmini, la luce che rallegra gli opposti balzi, i forti riflessi rappresentano nell’orrido scene piacevoli e stupende quali solamente l’ardito pennello di Salvator Rosa seppe riprodurre nelle sue magiche tele. Se volgesi indietro lo sguardo dopo essersi alquanto internati in quelle balze, sembra chiusa la via, e il viaggiatore trovasi circondato da ogni parte da quei giganteschi macigni. — La solitudine e la quiete vi regnano e producono nell’animo una soave malinconia. E se mai odesi un qualche suono, è del ruscello che si rompe fra i sassi, è dell’agile garrulo rampichino. Stilla ancora in qualche angolo inaccessibile il miele che l’ape industriosa in popolati alveari ha disposto. Il falco e l’aquila nelle più recondite ed elevate screpolature vi adattano il loro nido.

Percorso il sentiero, apparisce, attraverso un cancello che serve d’ingresso al recinto, la vista meravigliosa e stupenda dell’antro imponente che io tento descrivere, ma che non è possibile riprodurre a parole, tanto ne è la magnificenza.

Per un grande arco esposto al Sud s’apre la vasta caverna larga ed alta metri 24 circa, profonda 48. Le mezze tinte delicatissime che la abbellano ora di un pal-