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i933-I935: miscellanea 1941 infatti periodicamente si ripresentano in forme più o meno nuove: quella dell’unità della lingua, del rapporto tra arte e vita, del romanzo, del teatro, del romanzo d’appendice si dibattono anche oggi e cosi quella di una riforma intellettuale e morale - cioè di una rivoluzione popolare - che abbia la stessa funzione della riforma protestantica e anche della popolarità del Risorgimento che sarebbe finalmente stata raggiunta con la guerra del 1915 e coi rivolgimenti posteriori, onde l’impiego a regime d’inflazione dei termini di rivoluzione e rivoluzionario) può dare la traccia migliore per ricostruire il carattere fonda- mentale della cultura italiana e le esigenze che da essa sono indicate e rese evidenti. 11. La parola d’ordine di Giovanni Gentile: «Torniamo al De Sanctis! » cosa significa? 1 e cosa può e dovrebbe significare? Il De Sanctis, nell’ultima fase della sua vita e della sua attività, rivolse la sua attenzione al romanzo naturalista, che fu la forma « intellettualistica » assunta nell’Europa Occidentale dal movimento di « andare al popolo», del populismo degli intellettuali nello scorcio del secolo xix dopo l’avvento delle grandi masse operaie per lo sviluppo dell’industria moderna e il tramonto definitivo della democrazia quarantottesca. Ricordare del De Sanctis lo studio Scienza e Vita1, il suo passaggio alla Sinistra parlamentare, il suo timore di una ripresa reazionaria velata sotto forme pompose ecc. Giudizio del De Sanctis: « Manca la fibra perché manca la fede. E manca la fede perché manca la cultura»3. Ma cosa significa «cultura» in questo caso? Significa indubbiamente una coerente e unitaria, e di diffusione nazionale, « concezione della vita e dell’uomo», cioè una «filosofia» ma diventata appunto «cultura» cioè che ha generato un’etica, un modo di vivere, una condotta civile e individuale. Ciò domandava prima di tutto una unificazione della « classe colta » e in questo senso lavorò il De Sanctis con la fondazione del | « Circolo filologico » che avrebbe dovuto determinare « l’unione di tutti gli uomini colti e intelligenti » di Napoli. (in). È interessante, da questo punto di vista, questa nota di Luigi Pirandello scritta a Bonn da studente, negli anni 1889-90 (cfr «Nuova Antologia» del i° gennaio 1934): «Noi lamentiamo che alla nostra letteratura manchi il dramma - e sul riguardo si dicono tante cose e tante altre se ne propongono - conforti, esortazioni, additamenti, progetti - opera vana: il vero marcio non si vede e non si vuol vedere. Manca la concezione della vita e dell’uomo. E pure noi abbiamo campo da dare all’epica e al dramma. Arido stupido alessandrinismo, il nostro »4. Forse però questo giudizio del Pirandello non fa che riecheggiare discussioni di studenti tedeschi sulla necessità generica di una Weltanschauung ed è più superficiale di quanto non paia. Del resto Pirandello si è fatta una concezione della vita e dell’uomo ma «individuale», incapace di diffusione nazionale-popolare: come fermento critico ha avuto grande importanza culturale, come è notato altrove5. Cfr Quaderno 23 (vi), pp. 3*4 e p. 4.